NON SOLO HAMAS. QUANDO ANCHE L'ONU CONTRIBUISCE AD AFFAMARE I PALESTINESI ( E GUARDA CASO, SOLO DOPO LE DENUNCE HA RICOMINCIATO A DISTRIBUIRE CIBO A GAZA)
E se fosse l’Onu a finire alla sbarra per crimini di guerra dopo il suo rifiuto di portare aiuti umanitari ai palestinesi?
Da tempo Israele denuncia un grave problema nella gestione degli aiuti umanitari: l’accumulo di forniture essenziali nei depositi delle Nazioni Unite all’interno di Gaza che non vengono distribuite per motivi politici.
Questa situazione ha creato un paradosso: mentre la popolazione di Gaza vive in condizioni di estrema difficoltà, testimoniate da tante immagini sui media del mondo intero, il prezzo politico di tutto questo non viene pagato dai terroristi di Hamas che sequestrano la merce per rivenderla a prezzi folli, né dall’Onu e dai suoi comportamenti omissivi che contribuiscono ad affamare i palestinesi.
Il solo condannato (e sottolineo condannato, non accusato o processato) dai media mainstream per tutto questo è Israele: l’unico Paese al mondo che fa di tutto per consegnare aiuti a una popolazione mentre allo stesso tempo ne combatte il governo (Israel’s wartime Gaza aid is historically unprecedented).
Lo scandalo Onu è deflagrato quando la Gaza Humanitarian Foundation (GHF) ha iniziato a criticare apertamente l’operato delle Nazioni Unite.
La GHF, lanciata nel maggio 2025, è stata creata in risposta alle preoccupazioni di lunga data che gli aiuti incanalati attraverso i canali tradizionali, come l’Onu, siano stati spesso dirottati o sfruttati da Hamas e altri gruppi armati per arricchirsi e con quei soldi mantenere il controllo su Gaza e finanziare il terrorismo, cosa che prolunga una guerra che tutti vorremmo finisse al più presto.
La fondazione dal principio ha denunciato l’abbandono degli aiuti umanitari nei magazzini Onu, per poi passare a un passo ulteriore: ha chiesto alle Nazioni Unite di trasferire direttamente alla GHF gli aiuti che l’organizzazione internazionale lasciava marcire, dimostrandosi incapace di distribuirli efficacemente. L’Onu non ha risposto all’organizzazione guidata dal reverendo Johnnie Moore Jr. (The Gaza Humanitarian Foundation CanFeed Starving Gazans).
La controversia ha raggiunto l’apice quando Israele ha diffuso filmati registrati da droni che mostrano i depositi dell’Onu pieni di farmaci e generi alimentari. Queste immagini hanno dimostrato inequivocabilmente che, mentre si parla di carestia a Gaza, ingenti quantità di aiuti rimangono inutilizzate, rischiando di deteriorarsi.
Di fronte a queste accuse, l’Onu ha cercato di mantenere un silenzio che molti osservatori considerano eloquente. I video hanno suscitato critiche internazionali (non in Italia, dove il 90% della stampa si è allineata alle tesi di Hamas) costringendo le Nazioni Unite a rompere il silenzio, sebbene solo per attaccare la GHF perché partner di Israele.
A conferma della malafede c’è un fatto: solo dopo le denunce della Gaza Humanitarian Foundation e di Israele, l’Onu ha ricominciato a distribuire cibo a Gaza. Guarda caso…
Visto che il trattenimento deliberato degli aiuti è ormai accertato, si configurano violazioni del diritto internazionale umanitario. L’uso della fame come arma di guerra mediatica è inammissibile, e dovrebbe essere l’Onu in questo caso a finire alla sbarra.
A conferma della posizione grottesca delle Nazioni Unite, gira nei social un video dove il giornalista canadese Joseph Klein mette spalle al muro un portavoce Onu: lo fa chiedendo retoricamente se non sia contraddittorio che le Nazioni Unite da un lato affermino che Israele – in quanto potenza occupante – ha l’obbligo di fornire la sicurezza per la consegna degli aiuti, ma nel contempo l’Onu non vuole essere scortata da nessuna delle parti in conflitto.
Chi paga questo gioco delle tre carte? I palestinesi, ovviamente. Con la fame.
Davide Romano

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