Usa : via libera da parte della Corte Suprema alla candidatura di Donald Trump alle primarie in Colorado

 Ribaltata la decisione della Corte Suprema statale, secondo cui l'ex presidente aveva partecipato a un'insurrezione – Così il tycoon: «Una grande vittoria per l'America»



Donald Trump, lo scorso anno, è stato erroneamente rimosso dalle primarie del Colorado del 5 marzo. È quanto ha stabilito la Corte Suprema degli Stati Uniti, ribaltando così una sentenza della Corte Suprema dello Stato, del 20 dicembre, secondo cui l'ex presidente non poteva candidarsi poiché aveva partecipato a un'insurrezione durante l'attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021. La decisione del Colorado si basava su un'interpretazione del XIV emendamento e, nello specifico, sull'articolo 3: «Nessuno potrà essere Senatore o Rappresentante nel Congresso, o elettore per il Presidente e il Vice-Presidente o potrà tenere qualsiasi ufficio, civile o militare, presso gli Stati Uniti o presso qualsiasi Stato, se, avendo previamente prestato giuramento – come membro del Congresso o come funzionario degli Stati Uniti o come membro del Legislativo di uno Stato o come funzionario amministrativo o giudiziario in uno Stato – di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, abbia preso parte a un'insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici. Ma il Congresso può, col voto dei due terzi di ciascuna Camera, rimuovere questa causa di interdizione».



Già a febbraio, durante le osservazioni orali delle parti, i giudici avevano espresso un certo scetticismo sull'autorità (e la legittimità) della decisione presa dal Colorado. Sottolineando, fra le altre cose, un rischio sistemico. Ovvero: che cosa succederebbe se ogni Stato avesse l'autorità, unilaterale per giunta, di stabilire se un candidato si sia macchiato o meno di insurrezione? Il presidente della Corte Suprema, John Roberts, sempre a febbraio aveva indicato che la decisione del Colorado potenzialmente avrebbe potuto aprire le porte a decisioni basate sulla mera partigianeria. Ora, appunto, è stato accolto il ricorso del tycoon contro la decisione della Corte Suprema statale di bandirlo. In assenza di un'azione del Congresso, in sostanza, i singoli Stati non possono invocare una disposizione costituzionale per impedire ai candidati di presentarsi alle urne.


Anche il Maine e l'Illinois avevano escluso Trump dal voto, sempre in base all'articolo 3 del XIV emendamento. Ora, tuttavia, dovranno adeguarsi alla sentenza dei nove saggi (di cui sei conservatori). La Corte suprema, per contro, dovrà presto esprimersi sull'immunità presidenziale invocata dallo stesso Trump nell'ambito del processo penale incentrato sui suoi tentativi di sovvertire il voto del 2020, culminati come detto nell'assalto al Campidoglio di Washington.


La sentenza, va da sé, fungerà da precedente anche per tutti gli altri ricorsi inoltrati da Trump altrove, ma rappresenta altresì un antipasto piuttosto succoso in vista del Super Tuesday di domani, che si terrà in vari Stati fra cui proprio il Colorado.


Trump, il principale candidato repubblicano alla Casa Bianca, ha scelto la sua piattaforma, Truth Social, per commentare la sentenza: «Una grande vittoria per l'America» ha scritto. Ovviamente, a caratteri cubitali. Poco dopo, sempre Trump ha inviato un'e-mail ai suoi sostenitori chiedendo di donare ulteriori soldi alla sua campagna: «Il piano scellerato dei Democratici di cancellare il mio nome è fallito e bruciato – recita il comunicato – ma la nostra lotta per rendere l'America più grande è tutt'altro che finita».

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