Turchia : referendum pro o contro Erdogan

Le elezioni presidenziali turche di domenica saranno un referendum sulla figura del 69enne Recep Tayyip Erdogan, chiamato per la prima volta ad affrontare un'opposizione unita e quindi in grado di minacciarne la posizione. L'attuale presidente è in carica dal 2014 e in precedenza era stato premier dal 2003 al 2014 e sindaco di Istanbul dal 1994 al 1998.




Muharrem Ince, uno dei quattro candidati in lizza, ha gettato la spugna giovedì, anche se il suo nome figurerà comunque sulla scheda di voto. Capo del partito Memleket (Patria), era dato dagli ultimi sondaggi fra il 2 e il 4% ed era stato bersaglio negli ultimi giorni di una campagna denigratoria. "Non voglio che l'opposizione riversi su di me tutte le colpe se dovesse perdere", ha affermato colui che aveva raccolto il 30% dei suffragi cinque anni fa come esponente del CHP, prima di staccarsi e fondare una sua formazione. Diversi deputati del Memleket si erano dimessi nel timore che la presenza di Ince togliesse voti decisivi a Kemal Kilicdaroglu, l'attuale candidato del CHP (Partito repubblicano del popolo).


Elezioni presidenziali turche del 2014

Risultato del primo turno, non fu necessario un ballottaggio. Recep Tayyip Erdogan eletto alla presidenza

Recep Erdogan (51,79%)Selahattin Demirtas (9,76%)Ekmeleddin Ihsanoglu (38,44%)

Recep Erdogan (AKP), Ekmeleddin Ihsanoglu (MHP, CHP), Selahattin Demirtas (HDP)

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Elezioni presidenziali turche del 2018

Risultato del primo turno, non fu necessario un ballottaggio. Recep Tayyip Erdogan eletto alla presidenza

Recep Erdogan (52,59%)Altro (1,09%)Meral Aksener (7,29%)Selahattin Demirtas (8,40%)Muharrem Ince (30,64%)

Recep Erdogan (AKP), Muharrem Ince (CHP), Selahattin Demirtas (HDP), Meral Aksener (iYi), Temel Karamollaoglu (SP), Dogu Perincek (IP)


 

Kilicdaroglu si presenta alla testa di un'alleanza di sei partiti e nelle intenzioni di voto risulta davanti al capo di Stato uscente. Giovedì era al 49%, contro il 44% di Erdogan, che per frenare la caduta ha annunciato aumenti in busta paga per il settore pubblico. "L'uomo giusto al posto giusto", dicono i poster elettorali del presidente appesi in giro per il Paese. L'ultimo aspirante alla poltrona presidenziale è Sinan Ogan dei nazionalisti dell'MHP, che non ha nessuna possibilità di accedere a un eventuale ballottaggio. I voti di Ince dovrebbero riversarsi in maggioranza su Kilicdaroglu al quale dunque - se crediamo ai sondaggi - si apre persino la possibilità di una vittoria al primo turno o quanto meno di chiuderlo in testa.



 

L'era Erdogan volge dunque al termine?

Il politologo Ahmet Insel, intervistato da SEIDISERA, non si sbilancia. Tuttavia è chiaro che "per la prima volta l'esito delle elezioni è incerto. Non sto dicendo che Erdogan sicuramente perderà, ma è possibile che succeda", afferma Insel. Se si andasse al ballottaggio, però, "gli scenari possono ancora cambiare fra il 14 e il 28 maggio". Secondo Insel, i fattori che peseranno alle urne sono tre: il primo è che la politica economica del presidente nell'ultimo quadriennio è stata caotica.



L'inflazione è al 43% e una parte della classe media che aveva approfittato del boom dello scorso decennio e ne apprezzava il conservatorismo gli ha voltato le spalle. Chi invece non ne ha mai apprezzato il regime autocratico è ancora più motivato a liberarsene. C'è infine un terzo aspetto legato al secondo: "Ci sono molti giovani elettori che non hanno mai conosciuto un altro presidente e che ora chiedono libertà e cambiamento". L'esperto non riesce a immaginare, invece, che Erdogan possa uscire battuto ma non riconoscere l'esito del voto, come accadde per le elezioni municipali di Istanbul nel 2019. Allora lo scarto era minimo e la mossa di far ripetere il voto, per altro, gli si rivoltò contro, visto che al secondo tentativo la sconfitta del suo candidato fu molto più netta.


Ekrem Imamoglu, che guida la più popolosa città turca da allora, resta una popolare figura dell'opposizione. Lui e il sindaco di Ankara Mansur Yavas sarebbero nominati vicepresidenti se fosse Kilicdaroglu a vincere.



Ma chi è Kemal Kilicdaroglu?


Il grande sfidante di Erdogan, Kemal Kilicdaroglu, è un ex funzionario di 74 anni. Nato in una famiglia di umili origini in Anatolia, dopo gli studi di economia ha lavorato a lungo per il Ministero delle finanze, prima di assumere la direzione dell'istituto della previdenza sociale. Si era ritirato nel 1999 proprio per cominciare la carriera politica. Era entrato in politica nel 2002, l'anno in cui l'AKP, il partito di Erdogan, vinse per la prima volta le elezioni. Il CHP di cui fa parte era il partito del fondatore della Turchia moderna, Kemal Atatürk. È laico, progressista e nazionalista. Sotto la guida di quest'uomo - dal carattere tranquillo, a lungo considerato poco carismatico e oratore non particolarmente brillante - dal 2010 si è spostato verso posizioni più socialdemocratiche. Ma Kilicdaroglu ha anche saputo porsi come campione della lotta alla corruzione e ha aperto a segmenti della popolazione fin lì lontani dalle idee del CHP, come i curdi e le frange più religiose. Ha così creato le basi per l'alleanza eterogenea che lo sosterrà domenica.


I curdi, che avevano contribuito all'ascesa di Erdogan ed erano stati da lui "coccolati" fino al 2015, da qualche anno sono sotto pressione crescente e hanno ora cambiato bandiera. In caso di elezione, Kilicdaroglu ha promesso di rilanciare il cammino di avvicinamento all'Unione Europea, congelato da 15 anni. Ankara tornerebbe a svolgere pienamente il suo ruolo di membro della NATO, ma nel contempo mantenendo un equilibrio con il vicino russo. Una posizione vicina a quella espressa dal presidente francese Macron.



Giovedì sera Kilicdaroglu ha tuttavia accusato la Russia di essere all'origine di "deepfake" diffusi in rete e di aver così interferito nella campagna elettorale, un'accusa che venerdì il Cremlino ha respinto categoricamente. Mosca, al contrario, apprezza "la posizione responsabile e sovrana della Turchia nelle questioni regionali e internazionali", ha fatto sapere il portavoce Dmitri Peskov. Ankara ha mediato fra Russia e Ucraina per il raggiungimento dell'accordo sull'esportazione di grano dello scorso anno e sta facendo lo stesso per una sua proroga in questi giorni.



La campagna, per altro, non è stata delle più facili: un mese fa una delegazione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa, visitando la Turchia, aveva parlato di un contesto difficile per l'opposizione, per gli spazi ridotti sui mezzi di informazione e la mancanza di regole eque sul finanziamento dei partiti. Ankara aveva risposto chiedendo "imparzialità" nel rapporto degli osservatori in Turchia nel giorno delle elezioni. Aveva inoltre chiesto l'esclusione di alcuni politici per un loro presunto sostegno a "organizzazioni terroristiche". Fra questi anche la deputata svizzera Sibel Arslan.



 

Tre settimane fa, poi, è scattata un'ondata di arresti che ha portato in carcere un centinaio di persone accusate di essere vicine o di aver finanziato il PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan ritenuto "terrorista" da Ankara con cui è in conflitto da 40 anni. Fra gli arrestati c'erano giornalisti, avvocati, artisti, attivisti di diverse organizzazioni e alcuni membri dell'HDP, partito filocurdo e terza forza più rappresentata in Parlamento, che aveva denunciato "un avvertimento prima del voto" da parte del Governo che "ha il timore di perdere il potere".


Le conseguenze del terremoto

Più di tutto, però, sull'avvicinamento alla consultazione ha pesato il sisma che in febbraio ha devastato le regioni meridionali del Paese, al confine con la Siria, causando 50'000 morti. Come ad Antakya (Antiochia), dove nelle strade ci sono ancora macerie e spiccano gli spazi vuoti fra i pochi palazzi rimasti in piedi, alcuni dei quali da demolire perché hanno riportato danni strutturali. La città è semideserta, una parte della popolazione vive oggi in tendopoli, i manifesti elettorali e i presidi dei partiti sono rarissimi, come ha raccontato l'inviata della RSI Elena Boromeo.




Ma solo il 20% degli abitanti ha ufficialmente trasferito il proprio domicilio per poter votare altrove. Il rimanente 80%, per poter esprimere la sua preferenza, dovrà invece essere sul posto. L'affluenza nelle aree terremotate potrebbe quindi essere molto bassa. Erdogan è stato molto criticato per il ritardo nei soccorsi (in parte ammesso e per il quale ha chiesto scusa). Ha promesso di ricostruire tutto in un anno, uno scenario che appare irrealistico ma al quale una parte degli sfollati crede, mantenendo la propria fiducia nel Governo.



Per cercare di restare in sella, Erdogan conta ancora una volta pure sul voto della diaspora, circa tre milioni di elettori che possono esprimersi nei consolati dal 2015 e in anticipo rispetto a chi vive in Turchia. Tradizionalmente il tasso di consenso di cui gode il presidente all'estero è persino superiore a quello in patria. In Germania, dove vive la metà di questi elettori, nel 2017 il 63% aveva appoggiato la riforma che ha trasformato il Paese in repubblica presidenziale, passata solo di misura. E il 64,8% scrisse Erdogan sulla scheda delle presidenziali 2018, da lui vinte con il 52% dei suffragi.


Partecipazione in crescita fra i turchi di Svizzera


Un discorso un po' diverso vale per i turchi in Svizzera, che hanno potuto esprimersi fino al 7 maggio negli uffici aperti a Zurigo, Berna e Ginevra. La partecipazione è stata molto elevata, il 56,7% contro il 49,5% di cinque anni fa. Gli elettori registrati erano 105'820, secondo l'ambasciata. Nel 2018 in Svizzera Erdogan aveva ricevuto il 37,2% dei voti contro il 31,9% di Ince e il 27,5% del procurdo Selahattin Demirtas. E per le legislative il suo AKP si era fermato al secondo posto con il 31,3%, sopravanzato dall'HDP di Demirtas (40,8%).


Si vota anche per il Parlamento

In totale sono 64 milioni i cittadini chiamati alle urne e non solo per scegliere il presidente.  Si rinnova infatti nel contempo anche il Parlamento turco, dove attualmente il partito AKP di Erdogan ha attualmente la deputazione più numerosa anche se non sufficiente a raggiungere la maggioranza assoluta fra i 600 deputati. Governa però da una posizione solida grazie a due appoggi esterni. L'opposizione raggruppa insieme 239 poltrone.

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