Su scala globale, è sempre più manifesta l’avversione diffusa nei confronti dell’Occidente, un'avversione covata, a volte repressa, ma potente e ostinata.
Di quell’odio atavico che nei popoli sfruttati s’è attizzato verso i colonizzatori rapaci, nella religiosità dei padri s’è acceso verso le divinità delle missioni, nella naturalità dei valori s’è prodotto verso la corruzione dei principi vitali, nel sentimento di comunità è scaturito verso il parossismo dell’individualità, nell'umile povertà è montato verso l'arroganza dell’agiatezza.
Ma non v’è sufficiente consapevolezza.
L’Occidente è malato di superiorità conclamata, pur se visto ormai come timoniere esaltato in una rotta d’autodistruzione.
Sicché non è casuale se ha fallito allorquando abbia tentato d’imporre la sua cultura al mondo intero: il borioso strapotere dei Marines è stato messo in fuga dall’ardore talebano.
Arriverà dunque all’appuntamento ineludibile col suo crepuscolo, con l’isolamento e il declino. Non sarà la potenza delle armi a proteggerlo, né la ricchezza delle sue banche.
I processi politici, le alleanze, gli schieramenti internazionali che si delineano, ora che la crisi ucraina ha fatto da detonatore, sono lì a mostrarlo.
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VITO BORRELLI
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