Le navi ONG fanno rotta lungo le coste africane per offrire soccorso ai naufraghi?


o i migranti s’avventurano coi barconi perché sanno che ci sono le navi ONG a aspettarli?

È il classico evento che consente una doppia lettura, ed è l’opportunismo a suggerire quale chiave scegliere.

A un’analisi oggettiva, tuttavia, osserviamo una tratta d’esseri umani della quale le ONG costituiscono una fase determinante e risolutiva.

Rivelandosi dunque un meccanismo perverso che dev’essere spezzato, anche se non è facile la soluzione. Per praticarla occorre formarsi alcuni convincimenti.

Che, intanto, la vita del clandestino in Occidente non è la soluzione per la gioventù africana, falsamente lusingata dalla pubblicità strumentale, eradicata dalle comunità d’origine. 

Esposta allo sfruttamento, alla bassa manovalanza, al crimine, all’invisibilità, alla privazione d'ogni diritto, alla ghettizzazione.

Che, in corrispettivo, la presenza d’un flusso selvaggio, incontrollato d’immigrati, di mano d'opera irregolare, sconquassa l’equilibrio sociale e economico dei Paesi di destinazione, sul fronte della sicurezza urbana, della precarietà del lavoro, della riduzione dei salari e dei diritti. Colpisce soprattutto le fasce fragili della popolazione e le categorie meno professionalizzate.

È un processo fortemente dannoso, da qualunque visuale lo si osservi. E purtroppo, l’accoglienza irragionevole e irriducibile è un atteggiamento presente solo in Italia. 

Alligna sui terreni politico/culturali radicalchic, non a caso è promosso dal potere finanziario e da personaggi alla Soros. 

VITO BORRELLI

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