PER L' EPIDEMIOLOGO LOPALCO IL COVID-19 CIRCOLAVA NEL NORD ITALIA GIA' A DICEMBRE

Il primo caso ufficiale di Covid-19 in Italia è datato 21 febbraio, Codogno. Ma uno studio dell’Istituto superiore di sanità ha rivelato che il nuovo coronavirus circolava molto prima, a Torino e a Milano c’era già a dicembre: l’analisi dei campioni di acque reflue, prelevati prima dello scoppio dell’epidemia, ha trovato l”na di Sars-Cov-2 in quelli datati 18 dicembre 2019. E questa – sottolinea l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene dell’Università di Pisa, “è una bella informazione, è assolutamente un’informazione importante. Lo studio ha portato un’evidenza: il virus prima del picco circola per due o tre mesi”.“Questa ipotesi l’avevamo già espressa guardando i dati e le curve di crescita. Era poco probabile che una crescita esponenziale come abbiamo avuto si fosse sviluppata in un periodo di poche settimane. E lo studio delle acque reflue ci conferma che per arrivare a quei livelli di crescita epidemica il virus deve circolare per almeno due o tre mesi”. Due, tre mesi per prepararsi all’ondata: “Fa parte proprio della dinamica di diffusione del virus, se ne ha una piena consapevolezza quando il numero di casi gravi, che richiedono l’ospedalizzazione, supera una certa soglia”.Così quest’inverno è circolato sottotraccia nascosto, perché “quando si presenta al pronto soccorso un caso di polmonite ogni due giorni o anche uno al giorno, nessuno ci fa caso, fa parte della normale presenza di polmoniti virali in una stagione invernale. Così il virus si è mischiato con le altre forme influenzali e simil influenzali”.Invece “oggi la presenza del virus la riusciamo a identificare anche se c’è una circolazione a bassa intensità, perché facciamo screening, contact tracing e identifichiamo anche i casi lievi. Quindi è difficile ritornare a una situazione fuori controllo come quella passata, perché al manifestarsi di un focolaio si cercherà subito di porvi rimedio e circoscriverlo”.E in uno scenario dove il virus sappiamo che c’è e lo cerchiamo, proprio per evitare che si gonfi un’altra ondata, “l’analisi delle acque reflue potrebbe essere usata come una spia della circolazione del virus. Questa è un’indagine che però richiede uno standard. Anche qui in Puglia – dove Lopalco guida la task force anti-coronavirus – stiamo cercando il virus nelle acque reflue e il nostro gruppo di ricerca è in contatto con l’Istituto superiore di sanità proprio per mettere a punto uno standard, per far sì che da attività di ricerca diventi un’attività routinaria di sorveglianza, per scoprire la circolazione del virus quando ancora non abbiamo una particolare evidenza clinica”. Molto prima: il Sars-Cov 2 era nelle acque reflue di Milano e Torino già il 18 dicembre e “allora la circolazione era già notevole. Non possiamo quantificarla. Sono tecniche molto sofisticate che riescono a identificare anche le più piccole particelle virali e un soggetto positivo nelle feci libera milioni e milioni di particelle virali, però per trovare tracce in un campione, verosimilmente la circolazione c’era già abbastanza”.Al momento “il virus circola poco, l’ondata è passata. E’ un dato di fatto: abbiamo pochissimi ricoveri. Abbiamo pochi casi in senso assoluto e i casi che si verificano vengono più facilmente individuati, così la capacità di identificazione è maggiore e identifichiamo anche gli asintomatici. E adesso sono per lo più persone più giovani, che normalmente non sviluppano sintomi gravi, l’età media si sta abbassando. Con i controlli nelle Rsa e negli ospedali i più anziani e fragili sono più protetti”.Ma è vero che i nuovi positivi sono poco contagiosi, come ha detto Giuseppe Remuzzi, direttore della Fondazione Mario Negri? “Non facciamo il sequel del ‘virus clinicamente morto’, quello che dice Remuzzi è che nei soggetti che stiamo identificando in questo periodo molto spesso la carica virale è molto bassa, proprio perché si stanno andando a cercare attivamente i soggetti e la maggior parte di questi sono asintomatici, e negli asintomatici la carica è bassa”.Ora “dovremmo capire come si comporterà il virus questa estate, vedere a che livello di intensità circolerà, probabilmente in maniera abbastanza ragionevole, a bassa intensità”, ma intanto si affinano le armi per prevenire una eventuale seconda ondata.
ASKA NEWS

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